martedì 1 aprile 2014

Ospedali lucani ormai al collasso

Di Filippo Mele
«Purtoppo – ha dichiarato l'esponente del movimento di volontariato – la situazione delle

nostre strutture ospedaliere è alquanto deficitaria nei rapporti con gli assistiti soprattutto per quel che più direttamente tocca le loro aspettative di salute. La notizia riportata dalla Gazzetta del Mezzogiorno lunedì scorso, «Visita medica tra due anni paga e diventano 10 giorni», è emblematica. Possiamo avere reparti efficientissimi ma quando l'ammalato telefona al Cup e si sente dare date bibliche salvo farsi controllare a pagamento nello stesso giorno, allora salta l'immagine complessiva del sistema». 

La presidente di Cittadinanzattiva non ha usato mezzi termini: «Si tratta di un autentico scandalo. Abbiamo chiesto all'assessore regionale Attilio Martorano di affrontare il problema. Siamo in fase di elaborazione del nuovo Piano sanitario regionale. Chissà che non ne esca fuori qualcosa di buono». La stessa Tarsia, tra l'altro, ha ricordato che aveva chiesto ai direttori generali delle Asl e delle aziende ospedaliere di verificare il rapporto tra visite pubbliche e private effettuate dai medici. Cosa che non è stata possibile. «Un direttore mi ha detto ufficiosamente che lui non fa il... finanziere. La verità è che questi manager sono giudicati in base ai risparmi che ottengono. L'utenza è il loro ultimo pensiero. Ed alle nostre sezioni del Tribunale del malato la fila per le lamentele è interminabile. È vero che gli organici degli ospedali sono sottodimensionati ma perchè una visita a pagamento si ha in 2 giorni e con la “mutua” in 2 anni?». 

Ospedali, dunque, nell'occhio del ciclone. Anche per altri motivi. Ancora la segretaria di Basilicata di Cittadinanzattiva: «I medici ospedalieri hanno una sorta di repulsione ad utilizzare le ricette rosse, quelle del ricettario unico nazionale. Così, non vengono consegnati o prescritti ai pazienti dimessi dai reparti quel che è stato previsto dalla stessa Regione: il fabbisogno di medicinali per i primi 10 giorni di cura. Senza costringere i parenti dell'ammalato ad andare dal medico di famiglia od alla guardia medica per ottenere le prescrizioni mutualistiche. Una misura di contenimento della spesa e di funzionalità del sistema che viene applicata a macchia di leopardo. Così anche per il via vai dei pazienti dal medico di base allo specialista e viceversa. Abbiamo utenti che vengono da noi perchè i medici di famiglia non vogliono più copiare le ricette altrui. Chi decide le prescrizioni di farmaci ed esami se ne deve assumere le responsabilità». 

Tarsia ha citato, ad esempio, casi eclatanti di trascrizioni di numerose ricette specialistiche provenienti dal San Carlo, ad esempio, per coppie che debbono sottoporsi alla fecondazione assistita o dal Crob di Rionero per ammalati oncologici. Materie sui quali i medici di medicina generale non hanno competenza. «L'uso del ricettario Asl – ha concluso Tarsia - funzionava nella ex Asl 5 di Montalbano Jonico con l'ultimo direttore generale (Pietro Quinto, oggi direttore generale del Dipartimento alla salute, ndr) che ha fatto pagare ai medici inadempienti la spesa sostenuta in più per il mancato utilizzo del ricettario rosso. Fatta una norma, servono le sanzioni. Che vanno applicate. Altrimenti, il sistema sarà sempre più pesante da sopportare per i cittadini costretti a file interminabili per ottenere le prestazioni ed i farmaci di cui hanno bisogno».
Tratto dalla gazzetta del Me Mezzogiorno