Di FILIPPO MELE
SULLA GOMORRA DELLA BASILICATA VA FATTA PIENA LUCE SIA PURE A DISTANZA DI 21
ANNI
“L’inchiesta
sull’omicidio di Vincenzo De Mare, archiviata alcuni anni fa dalla
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DE Mare |
Direzione
distrettuale antimafia di Potenza come delitto commesso da ignoti, va riaperta
alla luce della condanna, il 23 aprile scorso, di un uomo, Gino Carbone, del
posto, per false dichiarazioni sul caso rese al pubblico ministero. Occorrono
nuove indagini sul quadro sconvolgente ed inquietante venuto fuori dal
procedimento. Sulla Gomorra della Basilicata, che è costata la vita ad un uomo,
va fatta piena luce sia pure a distanza di 21 anni”. Lo ha dichiarato alla
Gazzetta l’avvocato Gianni Di Pierri, legale di Daniela e Davide De Mare, figli
dell’autotrasportatore della Latte rugiada spa, ucciso con due colpi di fucile
nelle campagne del comune materano il 26 luglio del lontanissimo 1993. Allora
Daniela e Davide erano ragazzi ma una privazione così forte come quella dell’affetto
paterno da loro subita giustifica la loro richiesta di verità e giustizia. Ecco
perché la loro costituzione come parti civili nel processo contro Carbone.
Ancora il loro legale: “La nostra istanza di riapertura del caso si basa
proprio su quest’ultimo processo e sulla condanna ad un mese e 10 giorni di
detenzione del soggetto accusato. Una sentenza che deve spingere la Procura
della Repubblica a verificare punto per punto le dichiarazioni di Carbone.
Dichiarazioni che io ho letto nelle trascrizioni e che non sono mai state
contestate nella loro essenza ma solo sotto il profilo della loro
utilizzabilità o meno nel dibattimento. Cosa che è avvenuta su mia espressa
richiesta”. Ma cosa sarebbe venuto fuori dal processo? Il nostro interlocutore
ha risposto delineando un
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Incontro Libera su De Mare con F. Mele |
quadro come quello descritto da Roberto Saviano nel
suo “Gomorra”: “Il processo ha consentito di individuare i traffici di rifiuti
tossici Nord – Sud come possibili moventi dell’omicidio. De Mare effettuava
trasporti per la Latte rugiada spa ma si era accorto di alcune anomalie come il
cambio all’ultimo momento del punto di scarico o indicazioni parziali e
frammentarie sull’itinerario o sugli aspetti economici. Anomalie che avevano
destato allarme in lui che, oltretutto, non aveva il controllo, di fatto, di
cosa trasportava. Quando ebbe la sensazione che qualcosa non andava si rifiutò.
Il tutto risulta dalle testimonianze raccolte e poi parzialmente smentite”. Ma
ci sarebbe anche di più. Di Pierri: “Gli investigatori debbono ricostruire gli eventi
con le testimonianze dei colleghi di De mare e con riscontri oggettivi legati
al ritrovamento di fusti tra i ruderi della centrale del latte dismessa ed
altri interrati nell’area del Metapontino. Per me si tratta di un quadro
sconvolgente, inquietante, drammatico. Tanto che risultano agli atti
accertamenti condotti dai carabinieri della Compagnia di Policoro non solo
nell’area jonica lucana od in Basilicata ma anche nelle regioni vicine ed in
alcune del Nord”. Insomma, per la famiglia De Mare ed il suo legale ci sarebbe
ancora da indagare su una vicenda che ha portato, prima della sua
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ex Centrale del Latte (f.to Mele) |
archiviazione, all’iscrizione nel registro degli indagati di cinque persone.
“Mi risulta che alcune di loro siano state sentite dagli investigatori. Noi
miriamo, però, a far colmare - ha concluso Di Pierri – tutte le lacune dell’inchiesta”. Da qui la
richiesta ufficiale di riapertura del fascicolo sull’omicidio De Mare che sarà
presentata alla Procura della Repubblica.
L'ASSASSINO
DI MAFIA DI V. DE MARE. UNO DEI DELITTI IRRISOLTI DELLA BASILICATA (F.Mele)
Vincenzo
De Mare, autotrasportatore della Latte rugiada spa di Scanzano Jonico, fu
ucciso il 26 luglio 1993. Stava arando un suo fondo quando l’omicida gli
esplose contro due colpi di fucile. Ed anche nelle indagini su quest'altro
delitto irrisolto della Basilicata noir sono state tante le lacune
investigative, i depistaggi. I
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BIDONI RINVENUTI NELLA CENTRALE DEL LATTE (F.TO F.MELE) |
carabinieri accusarono un pensionato. Ma l’uomo
fu scagionato. Il fascicolo passò alla Polizia di Stato che indagò sulla pista
dei traffici di rifiuti tossici Nord – Sud . Tuttavia, fu archiviazione. Il
caso fu riaperto dalla Dda nel 2005. Cinque persone furono iscritte nel
registro degli indagati. La pista era quella del delitto di mafia ed i traffici
sotto esame, oggi, potrebbero essere inseriti tra
quelli di cui ha parlato il pentito di camorra, Carmine Schiavone. Ma fu nuova archiviazione. Si
aprì, però, un processo “a latere”. Gino Carbone, di Scanzano J., fu accusato
di aver rilasciato “false dichiarazioni al pm” sul delitto. Il 23 aprile scorso
la condanna per lui dal tribunale di Potenza ad un mese e 10 giorni di
reclusione. Per il difensore, Antonio Cantasano, le sue dichiarazioni alla base
del dibattimento non sono che “chiacchiere di paese, illazioni. Carbone sarà
assolto in appello”. Per l'avv. Gianni Di Pierri, invece, legale della famiglia
De Mare, “quanto venuto fuori dal processo è sconvolgente. Occorre riaprire il
caso De Mare”. (fi. me.)
TRATTO DALLA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO