33 fermi tra Calabria, Puglia e Basilicata. In manette Filippo Solimando,
il fratello Giacomo, il suo "alter ego", Giambattista Serio e un
albanese di Bernalda. Indagato anche Gerardo Schettino, ex carabiniere di
Scanzano Jonico
di LEO AMATO
POTENZA - Da Policoro a Corigliano e ritorno.
«Cooptato» dal cognato nel clan degli zingari: un gruppo di rom, che hanno
scelto le regole e i codici della ‘ndrangheta, conquistandosi il rispetto delle
storiche famiglie calabresi a colpi di kalashnikov. Poi la latitanza col boss,
durante la faida per il monopolio sui traffici di droga, e l’ascesa alla guida
del “locale”. Fino al ritorno a casa, dove aveva spostato «la base operativa
del narcotraffico» per «sfuggire ai controlli delle forze dell’ordine», col
sostegno del fratello, di un ex carabiniere e dei loro uomini di fiducia.
C’è Filippo Solimando, 46enne di Policoro, al centro
dei traffici di droga e armi per cui ieri mattina l’antimafia di Catanzaro ha
spiccato 33 fermi eseguiti in contamporanea tra Calabria, Puglia e Basilicata.
Tonnellate di marijuana, chili e chili di coca ed eroina, e un arsenale (dieci
kalashnikov, due mitragliette e cinque pistole) che a marzo aveva fatto tremare
Reggio Calabria, dove gli inquirenti temono che fosse in piedi un piano per
colpire un imprecisato «obiettivo istituzionale».
L’inchiesta condotta dall’élite delle Fiamme gialle e
dalla compagnia di Policoro è partita a febbraio del 2013 dal sequestro ad
Aprilia di 1.340 chili di marijuana nascosti sotto un carico di arance, che un
autotrasportatore di Policoro, Giuseppe Todaro, doveva consegnare a un
misterioso acquirente rimasto nell’ombra.
Da Todaro, condannato in direttissima a 6 anni di
reclusione, gli investigatori sono risaliti al fornitore albanese della droga e
agli intermediari di Corigliano, che gestivano una flotta di pescherecci
utilizzati per importare la merce in Italia. Ma non sono passati inosservati
nemmeno i suoi rapporti con Giacomo Solimando, 50enne fratello di Filippo e
tuttora residente a Policoro. E quando hanno scoperto le chat che utilizzavano
per comunicare, la linea di comando del presunto clan è apparsa davanti ai loro
occhi. Con i ruoli e le direttive impartite dal boss, in viaggio tra Madrid,
Parigi, e il Sud America per contrattare partite di cocaina con un cartello
paraguaiano.
Stesso schema anche lì: le organizzazioni locali
forniscono la merce, e in cambio di un grosso sconto sul prezzo (da 25mila a
8mila dollari a chilo) ci pensavano gli zingari a organizzare il trasporto.
Magari sfruttando le loro entrature nel porto di Gioia Tauro, dove avrebbero
potuto rimuovere la merce e contraffare i sigilli in tranquillità, prima che i
container ripartissero verso una destinazione lontana. Mettendosi a
disposizione anche per la consegna ad altri acquirenti italiani del cartello.
Un “conto terzi” contrattato in prima persona da Filippo Solimando, forte di un
riconoscimento criminale talmente grande da evitare il tradizionale scambio di
“ostaggi”, che sarebbe prassi nel mondo del traffico internazionale di
stupefacenti.
Assieme a lui e al fratello l‘antimafia di Catanzaro
ha disposto il fermo del fratello di altri due lucani: Giambattista Serio,
38enne di Policoro considerato l’«alter ego» di Giacomo Solimando, e il 32enne
albanese Arben Zela, che risulta residente a Bernalda.
dal quotidiano della Basilicata